Porno Eden: il nome stesso è un ossimoro, incarna il più ancestrale dei contrasti, quello tra sacro e profano. Ma la parola ebraica ēden, oltre al significato di “campagna”, contiene in sé anche quello di “piacere”, ed è a partire da questa etimologia che ho avviato la mia ricerca. La suggestione è arrivata sfogliando riviste pornografiche degli anni ’60/70 dello scorso secolo in cui a sottotitoli di fervida originalità come «Vita da King» o «Amplessi a ritmo di musica» si susseguono altrettanti fantasiosi set fotografici squisitamente retrò. Il gioco è stato ripensare quei corpi – estrapolandoli dal loro habitat, attraverso un processo di astrazione e sublimazione – per inserirli nei miei luoghi, le mie selve, i miei boschi. Porno Eden è un mondo fatto di abbondanze e allucinazioni in cui esistono più realtà, una diversa forza di gravità e proporzioni fuori misura. Tutto è creato mantenendo un approccio giocoso e sperimentale che si serve di tecniche diverse: dal collage digitale e analogico, a interventi di cucitura su carta, fino ad assemblaggi e sovrapposizioni di immagini diverse. La pornografia viene qui celebrata come rito di amore universale, contro il suo senso comune di consumismo del corpo. Il corpo è libero, liberato. L’Eden è lo spazio in cui tutto accade, senza giudizio. Immaginate se Eva non avesse mangiato la mela, se liberi da ogni peccato fossimo ancora lì a goderci il più dolce dei giardini.